Vai al contenuto

PASSIONE MONTAGNA

passione montagna logo

Gestire un rifugio è il sogno di molti, non è un semplice lavoro, ma uno stile di vita che richiede passione per la montagna, forza d’animo e capacità d’adattamento perché in quota tutto è più difficile, nulla è regalato.

Scappare dalla città per andare a lavorare in montagna, lontani da tutti, gestendo un rifugio è il sogno di molti … ma bisogna fare subito una distinzione, ci sono i rifugi raggiungibili in auto più simili a ristoranti-alberghi e i veri rifugi, quelli raggiungibili solo a piedi con ore di cammino. Gestire un rifugio richiede passione per la montagna, forza d’animo e capacità d’adattamento perché in quota tutto è più difficile, ed ogni giorno, quelli che a valle sono gesti semplici ed ordinari, in quota diventano più complessi … dai rifornimenti spesso fattibili solo con elicottero o teleferica o a spalle, alle manutenzioni, al servizio dei clienti. Il rifugista è una figura di riferimento che, oltre a dare la sua impronta al rifugio stesso, dà consigli sulle escursioni nei dintorni, sulle condizioni dei percorsi e del meteo. È un lavoro che richiede una grande pazienza nell’ascoltare ed assecondare i clienti che, al giorno d’oggi, sono sempre più esigenti ed attenti al servizio e alla pulizia. Gestire un rifugio è un lavoro difficile ma affascinante, vediamo come si fa a prendere in gestione un rifugio:
  • Rifugi CAI: l’assegnazione avviene tramite bando a cura della sezione di appartenenza, e dopo la firma del contratto che dura sei anni, non c’è periodo di prova.
  • Rifugi Privati: l’assegnazione è come per un ristorante a valle, lo si può comprare o gestire.
Ho raccolto per voi l’esperienza di Luca, gestore del Rifugio Bignami in Valmalenco che ha risposto a qualche mia domanda … Cosa ti ha spinto a scegliere di gestire un rifugio? È capitato un po’ per caso, sono specializzato in turismo per la  montagna, porto avanti diversi progetti imprenditoriali in Svizzera tra l’Engadina e Verbier, quando si è reso disponibile il Rifugio Bignami, praticamente dal versante opposto della montagna in cui sono solito operare, ho pensato si potesse sviluppare un concept innovativo e moderno di rifugio alpino. In Svizzera faccio molta innovazione nelle attività che svolgo, ho pensato perchè non provare anche in Italia? Un rifugio alpino di qualità, facilmente accessibile al grande  pubblico, ma in alta montagna, in altre parole “un rifugio in quota  prêt à porter”. Quali emozioni ti da questa scelta? Passare intere parti dell’anno, la primavera per lo sci alpinismo e l’estate per il trekking e l’alpinismo, fuori dal mondo “civilizzato” è molto emozionante. Porta ad apprezzare le piccole cose che in città diamo per scontato, poi l’emozione di abituare l’occhio a guardare il mondo dall’alto di una montagna è un sentimento che non può essere descritto a parole. Riuscire a trasmettere tutto questo agli ospiti del rifugio è la soddisfazione più grande. Cosa diresti a chi vuole provare quest’esperienza? Penso che gestire un rifugio alpino in un’ottica moderna sia uno dei lavori più belli del mondo, è stressante, è faticoso, a volte è anche poco gratificante, ma già i meravigliosi tramonti hanno la capacità di far dimenticare qualsiasi tensione accumulata durante la giornata, poi se in più si riesce a essere al livello delle aspettative degli ospiti si va a letto felici. Cosa dire ai futuri rifugisti: “Pensa diverso, matura visioni moderne, rispetta la montagna senza esagerazione sia nel sfruttarla, sia nel salvaguardarla”. Questo è l’unico modo per riuscire a vivere di montagna costruendo il futuro delle alpi e  ricostruendo ciò che nelle valli è andato perso. Grazie a Luca del Rifugio Bignami per aver dedicato un po’ del suo tempo per rispondere a queste domande, condividendo con noi la sua esperienza e … un grande in bocca al lupo a chi vuole intraprendere questo stile di vita. (testo Gabriella Berlanda)