Il rifugista più famoso d’Italia: non poteva mancare una mia intervista a Carlo Budel.
E’, senza dubbio, il più famoso grazie ai social, perché è riuscito a sfruttare la potenza del web per condividere e far conoscere la sua storia.
La sua posizione è privilegiata: da Capanna Punta Penia in cima alla Marmolada, il punto più alto delle Dolomiti, tutti i giorni (TUTTI I GIORNI) condivide immagini e video sui diversi canali social.
Ha migliaia di fans su tutti i suoi profili che lo seguono e commentano e interagiscono, a tal punto che la sua storia diventa un racconto su un libro: “La sentinella delle Dolomiti”. Inoltre partecipa spesso a importanti programmi TV come ospite intervistato.
La sua è incredibile e paradossale: il rifugista più famoso senza esserlo ufficialmente. Perché Capanna Punta Penia è un rifugio privato con un proprietario e lui lo custodisce tutte le estati (come racconta nell’intervista).
Inoltre è impressionante la velocità di crescita della sua popolarità, perché solo da pochissimi anni si è stabilmente dedicato al lavoro in montagna dopo molti anni in fabbrica.
Interviste
IO: Vado avanti, continuo con la registrazione delle interviste a persone e personaggi importanti, secondo me, sul tema rifugi e soprattutto rifugisti, perché il progetto online ilRifugista.it è esclusivamente dedicato a chi vuole aspirare a gestire un rifugio. Il nostro obiettivo è quello di dare maggiori informazioni a chi vuole avvicinarsi alla nostra professione, al nostro mondo e al nostro lavoro, che è idealizzato dalla maggioranza delle persone che anche frequentano la montagna ma che purtroppo non conoscono affatto bene fino in fondo.
Carlo Budel è un rifugista che non ha certo bisogno di presentazioni (ora lo farai tu direttamente!), è senza dubbio il più famoso rifugista sui social, seguitissimo su Instagram e Facebook.
Grazie innanzitutto per la tua disponibilità Carlo e lascio subito a te la presentazione.
CARLO: Ciao a tutti, sono Carlo Budel di Punta Capanna Penia, il rifugio più alto delle Dolomiti, in cima alla Marmolada 3343mt, aperto tre mesi l’anno dal 20 giugno al 20 settembre circa. I rifornimenti avvengono per lo più con l’elicottero, oppure quando ho necessità piccole attraverso una ferrata o su ghiacciaio. Me ne occupo personalmente e mi faccio aiutare spesso dalle Guide Alpine se manca qualcosa tramite il più vicino Rifugio Castiglioni.
IO: Sei sul rifugio più alto delle Dolomiti, sulla Marmolada, un rifugio alpino di quelli “veri” che ha condizioni estreme, inoltre essendo un rifugio di piccole dimensioni ha anche servizi molto essenziali.
CARLO: Il rifugio è piccolo, abbiamo solo dieci posti letto, il bagno è esterno, ma nel suo piccolo c’è tutto. È stato costruito nel 1953 dai resti delle capanne della guerra, successivamente è stato ristrutturato e per esempio da quest’anno il tetto nuovo, i tiranti, i vetri antisfondamento doppi perchè l’ultima tormenta aveva fatto parecchi danni. Non è certo un hotel, ma è il luogo dove vedere le migliori albe e tramonti, mangiare tutti insieme a lume di candela perché ci sono i pannelli solari e la sera è necessario togliere corrente, anche perché si va a dormire molto presto e al massimo si resta a giocare a carte. Insomma un rifugio come quelli di una volta.
IO: Chi vuole può vedere su internet, soprattutto sui social, tutti gli aggiornamenti di quando fai i rifornimenti, quando apri il rifugio, quando fai i lavori all’interno e all’esterno, e come occupi il tempo libero.
CARLO: Più che altro uso Intagram come social network. Si possono vedere le due estati in Marmolada, si vede la vita che faccio lassù, si vede quando anche ad agosto sono sotto le bufere di neve, perchè anche in piena estate sembra di stare in inverno.
IO: Tornando alla tua esperienza personale, non sei un rifugista di lunga data perché sei arrivato in rifugio dopo i quarant’anni, e questa tua esperienza la racconti molto bene nel tuo libro ormai famoso che si trova in quasi tutte le librerie. Puoi raccontare anche a noi la tua esperienza?
CARLO: Quando ero ragazzo, i primi due o tre anni, avevo fatto le stagioni nei rifugi ma poi per vari motivi ho trovato lavoro in fabbrica e ci sono restato per oltre vent’anni. Ora sono tornato. Andare a gestire da solo Punta Penia è stato un caso perché sono andato a trovare un mio amico, a mia insaputa il proprietario del rifugio, con cui avevo lavorato da ragazzo, che casualmente cercava un nuovo gestore per la Capanna. Anche se lassù bisogna soprattutto essere capaci di andare in montagna, oltrepassare da un crepaccio, conoscere molto bene il territorio, sicuramente non soffrire di solitudine perché è facile trovarsi anche due o tre giorni senza vedere nessuno. Tutto questo l’ho scritto nel libro “La sentinella delle Dolomiti” dove ho raccontato questa mia storia di coincidenze che mi ha portato a diventare gestore di quel rifugio.
IO: A parte le prime esperienze da ragazzo, come la maggior parte delle persone hai fatto lavori tradizionali come in fabbrica o in ufficio o altro ancora, ma dopo i quarant’anni hai capito che quella non era la tua strada e così l’alternativa l’hai trovata nell’alta montagna.
CARLO: Dopo una stagione come aiuto cuoco, al termine sono andato a trovare questo mio amico, Aurelio del Rifugio “Castiglioni” che mi ha detto essere passati quindici anni dall’acquisto della Capanna e che l’attuale gestore aveva lasciato. Io mi sono subito reso disponibile e proposto per la gestione, così è iniziato tutto un po’ per caso e coincidenza ma da subito è andata meglio delle nostre aspettative, anche se la vita e la gestione lassù sono molto impegnative e costose. Bisogna richiedere l’intervento dell’elicottero più volte a stagione per raccogliere la rete, con i viveri e tutti gli altri acquisti, al passo e la trasportano e consegnano in rifugio. È certamente molto costoso.
IO: Conosco bene la situazione. Molto spesso si organizzano più rifugi insieme per condividere i viaggi del carico così da armonizzare gli alti costi fissi dei voli.
Abbiamo però capito che non sei tu il gestore formale. Questo aspetto è molto interessante per l’aspirante rifugista, per dare maggiori informazioni. Il gestore ufficiale è il proprietario e tu un suo dipendente, ma non un semplice dipendente perché nel tuo caso sei comunque la sola persona presente e responsabile, il custode che vive in rifugio.
CARLO: Nel mio caso io sono stipendiato dal proprietario, sono un suo dipendente a tutti gli effetti e anche in caso di brutto tempo quando non viene gente, quando non salgono i turisti e non si guadagna, io comunque percepisco il mio stipendio.
IO: Il gestore di rifugio è a tutti gli effetti un imprenditore. Il bilancio della sua impresa, la differenza tra i costi e i ricavi della gestione del rifugio, per farla facile facile, sono più o meno il suo stipendio. Mi piaceva però dare questa possibilità alternativa di conoscenza per chi si vuole avvicinare alla nostra professione.
Inoltre mi piace sottolineare una riflessione che ci siamo scambiati e condivisi prima di iniziare l’intervista, cioè che il primo e più importante consiglio per l’aspirante rifugista è quello di “fare esperienza di lavoro in rifugio” prima di diventare gestore.
CARLO: Chi vuole fare il rifugista è bene che faccia prima molta esperienza come aiutante nei rifugi Adesso io sto ancora imparando, sto facendo esperienza per poi prendere un mio rifugio in gestione. Lo scorso anno oltre alla Marmolada sono andato a fare la stagione invernale sul Comprensorio del Civetta, a contatto con molto pubblico dove servivo bibite e panini su un banco esterno, una esperienza ancora molto diversa, ma è quello che si deve fare, provare in cucina, provare fuori in sala con i clienti, imparare e imparare e imparare, non si può iniziare a fare il rifugista, secondo me, senza aver fatto già esperienza.
IO: Ricordo l’esempio di una collega che aveva fatto una prima esperienza in un grande rifugio con una grandissima organizzazione del lavoro, poi era andata per alcune stagioni in un piccolo rifugio a conduzione personale dove il personale e il gestore dovevano saper fare e occuparsi di tutti gli aspetti ma con una cura particolare nei dettagli e soprattutto nel rapporto con i clienti. Quando è stato il momento per lei di decidere se prendere un suo rifugio in gestione, ha scelto una struttura di taglio medio così da sfruttare le competenze nella organizzazione imparata nel grande rifugio, con la cura nell’accoglienza e nella cucina e negli altri servizi imparati nel piccolo. Buona organizzazione e grande cura hanno fatto si che si trovasse nella situazione ottimale data l’esperienza e la competenza maturata. Grande consiglio per tutti gli aspiranti rifugisti.
CARLO: Dove sono io per esempio, nel mio rifugio, ci sono giorni dove non faccio niente mentre ce ne sono altri nei quali lavoro senza sosta per quindici ore. La gente arriva in base al meteo e spesso senza prenotare, diventa anche una questione di “testa” perché devi sostenere grandi ritmi di stress alternati a momenti di solitudine che possono diventare anche lunghi. Chi ha lasciato Capanna di Punta Penia nel 2014 ha sofferto una stagione di brutto tempo costante, soli cinque giorni di sole a luglio, mentre ad agosto non ha mai smesso di nevicare così per dieci giorni non ha visto nessuno ed è rimasto solo a spalare in continuazione … … così diventa una situazione pesante da sostenere.
IO: Nello stesso anno 2014, nel rifugio alpino vicino al mio, anche i gestori di allora avevano lasciato la gestione perché oltre l’aspetto economico anche e soprattutto quello della solitudine e del meteo avverso aveva influito in modo esponenziale nella loro scelta di concludere l’esperienza.
CARLO: Quell’anno, 2014, in Marmolada hanno calcolato che sono scesi 32 metri di neve in tutto l’anno. Io personalmente se ho qualche giorno di brutto tempo, quando resto da solo, mi va anche bene perché preparo i dolci, leggo finalmente qualche libro, faccio dei lavori in pace. Ma finché sono due giorni ok, se dovessero essere una decina diventerebbe molto difficile “di testa”. Sei comunque obbligato a stare su perché con il brutto tempo non sale l’elicottero ed è pericoloso muoversi da solo in quanto i crepacci vengono coperti dalla neve e non si vedono, molto pericoloso.
IO: Una ultima riflessione, abbiamo già parlato dei consigli per i rifugisti, ma rispetto al progetto online del Rifugita.it. secondo te, quali sono le informazioni principali, le indicazioni più importanti da condividere a chi aspira a diventare gestore di rifugio, un consiglio per noi su cosa è meglio trasmettere e trasferire?
CARLO: Sicuramente il progetto è utile. Una persona può avere una prima visione del lavoro e può fare una prima conoscenza, inoltre ascolta l’esperienza di tanti rifugisti. Poi come dicevamo è importante fare esperienza sul campo, in rifugio al fianco del gestore. Imparare ed essere curiosi, a me per esempio piace stare in cucina a fare da mangiare. Questa stagione invernale infine non la farò perché vado a fare un lungo viaggio, ma poi al mio rientro sarò di nuovo in cima alla Marmolada per continuare la mia esperienza, perché quando avrò il mio rifugio voglio farmi trovare ben preparato, gestirlo bene senza errori.
Carlo Budel
Il rifugista più famoso d’Italia, certamente sui social dove ogni giorno condivide foto e video della sua vita sulla cima della Marmolada, il punto più alto delle Dolomiti